Page 22 - Capire la Fisica
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Gli studi di James Clerk Maxwell posero le basi della
crisi della fisica classica.
L’impossibilità di spiegare termodinamicamente il
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comportamento del calore specifico a bassissime
temperature, la scoperta di fenomeni come l’effetto fo-
toelettrico, e perfino la formulazione stessa delle equa-
zioni di Maxwell, generarono una serie di contraddi-
zioni che in breve tempo mise in crisi il complesso ap-
parato della fisica classica, e portò alla formulazione
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della “teoria della relatività” prima e della “meccanica quantistica “ successivamente.
Le teorie della fisica classica, comunque, descrivono molto bene la maggior parte dei
fenomeni relativi ad un ambiente circoscritto, come la Terra.
Questa fisica è la stessa che utilizzarono, Galilei e Newton.
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L’evoluzione della fisica moderna, fu possibile solo grazie al progressivo sviluppo della
matematica, infatti queste nuove teorie fisiche necessitavano di nuovi strumenti, come
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il “calcolo differenziale “, per poter essere studiate.
La storia della fisica classica è, quindi, intrecciata con quella della matematica, da cui
attinse e contribuì, specialmente da quando i fisici si resero conto di come fosse più
conveniente servirsi di formule matematiche, per sintetizzare le proprie teorie.
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Per poter fare un confronto tra quanto previsto dalle leggi della fisica e ciò che effetti-
vamente si osserva nel mondo, abbiamo bisogno di introdurre delle unità di misura, in
12 La quantità di calore che aumenta la temperatura di 1 kg di sostanza di 1 K è chiamata calore specifico di quella sostanza.
13 La meccanica quantistica studia i sistemi quantizzati, cioè i sistemi in cui le grandezze considerate non possono essere
infinitamente piccole, ma sono sempre multiple di una quantità “discreta”, il “quanto”, non ulteriormente divisibile.
14 Il “calcolo differenziale” assieme al “calcolo integrale” costituiscono una branchia più ampia, quella del “calcolo infini-
tesimale”. Lo studio degli enti geometrici e delle leggi che regolano i fenomeni naturali si traducono analiticamente nello
studio di determinate funzioni. L’esaminare il modo di comportarsi di tali funzioni, l’esprimere numericamente certi ele-
menti che ad esse sono connessi, richiedono metodi e strumenti di ricerca che la “matematica elementare” non mette a
disposizione, e sono dati dal “Calcolo Infinitesimale”. Queste concezioni infinitesimali, le cui lontane origini si possono
farsi risalire alla “scuola eleatica”, trovano qui il loro fondamento, da un lato, nella continuità delle grandezze geometriche
e nel principio della loro indefinita divisibilità (pienamente accettati e sostenuti da Aristotele), e, dall’altro, nella legge di
continuità (che, nel pensiero di Leibniz, regola tutta la natura) secondo cui le cose naturali variano per gradi insensibili,
che sfuggono a qualunque misura. Non è possibile fissare con precisione le origini del calcolo differenziale; tuttavia può
affermarsi con sicurezza che il suo sorgere fu preparato dagli studî che si svilupparono, nel sec. XVII, intorno ai problemi
della tangente a una curva (Fermat, Descartes, Torricelli, Roberval, Barrow), della velocità di un punto mobile (Torricelli,
Roberval), e dei massimi e minimi delle funzioni (Fermat), ma il merito effettivo di aver fondato il calcolo differenziale con
tutta la sua generalità e di averne messa in evidenza la grande importanza, spetta ad Isac Newton ed a Goffredo Guglielmo
Leibniz.
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