Page 183 - La Fisica nella Storia
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I gravitoni, invece, sono “ipotetiche particelle” che trasmettono l’interazione gravitazionale in

       una descrizione quantistica della gravità.

       Nella Relatività Generale la gravità non è una forza ma una proprietà dello spazio-tempo, che
       viene deformato  dalla presenza di  materia  ed  energia. È questa  deformazione  a  provocare
       quella che noi chiamiamo “attrazione gravitazionale”.





                                                  Il moto browniano



       Nel 1828 il botanico scozzese Robert Brown (1773 – 1858)
       osservò attraverso il microscopio, che particelle di polline

       sospese in un solvente, si trovavano in costante agitazione e
       si muovevano in modo disordinato.

                                  Inizialmente Brown credette di aver

                                 trovato  la  molecola  base  della
                                 materia  vivente,  ma  poi  si  accorse
                                 che  lo  stesso  fenomeno  accadeva            Moto Browniano: traiettoria seguita da una
                                                                                            particella
                                 anche  utilizzando  un  pigmento
                                 (molecola non viva), e quindi Brown fu costretto a rivedere la propria
                                 interpretazione. Il fenomeno da allora in poi divenne noto come “moto

                                 browniano”.

       Nel 1888 il fisico francese Georges Gouy (1854 - 1926) dimostrò che il
       moto delle particelle non era influenzato né da campi elettromagnetici
       intensi né dall’interazione con la luce, ma che la viscosità del mezzo in cui

       erano  disperse  le  particelle  ne  condizionava  l’entità,  ipotizzando,
       giustamente, che fosse dovuto all’agitazione termica delle molecole del
       solvente, come poi confermò Albert Einstein in una delle sue pubblicazioni

       del 1905.

       Einstein ipotizzò che il moto delle particelle sospese (aventi dimensioni molto maggiori di una
       molecola) sia dovuto alle collisioni casuali tra le molecole del solvente e la particella.


       Il risultato di queste collisioni produce un moto disordinato in direzioni non prevedibili di cui,
       però, le relazioni proposte da Einstein permettono di prevedere sia la distanza media percorsa











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