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L’effetto Compton
Il fatto che la radiazione elettromagnetica fosse composta da fotoni trovò una nuova
conferma sperimentale con la scoperta dell’effetto Compton.
Nel 1923, il fisico americano Arthur Compton
(1892 – 1962) condusse degli esperimenti di-
rigendo dei fasci di raggi X su un blocco di gra-
fite e studiandone poi la lunghezza d’onda
della radiazione diffusa, constatando sor-
prendentemente, che la lunghezza d’onda
della radiazione diffusa dalla grafite cam-
biava in funzione dell’angolo di diffusione ϕ.
Mentre la parte di radiazione che attraversava
il blocco senza subire alcuna deviazione, non
era soggetta ad alcun mutamento della lun-
ghezza d’onda, viceversa, la parte di radia-
zione che veniva dispersa, subiva un ragguar-
devole cambiamento della lunghezza d’onda,
molto più grande del valore in ingresso.
Ci si pose quindi il problema di spiegare il perché avvenisse una diminuzione della fre-
quenza dei raggi X.
Seguendo il modello corpuscolare della radiazione elettromagnetica, il fenomeno si po-
teva spiegare attraverso degli urti elastici tra fotoni dei raggi X e gli elettroni deboli
della grafite.
I fotoni avrebbero quindi trasmesso agli elettroni parte della loro energia, uscendone
indeboliti (spostamento Compton). In accordo con l’ipotesi quantistica di Planck e la
teoria dei fotoni di Einstein, la loro frequenza dovrebbe diminuire, mentre la loro lun-
ghezza d’onda dovrebbe aumentare.
Nota: Considerare questa spiegazione attraverso il solo modello corpuscolare, costitui-
sce un errore molto diffuso, che possiamo trovare anche in svariati testi scolastici, dalla
letteratura divulgativa fino ad alcuni testi universitari.
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