Page 33 - La Storia delle Scienze
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Archeologia o Fanta Archeologia
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo era pressoché diffuso il pensiero scientifico
naturalistico, dominato dalle teorie di Carlo Linneo e Georges Cuvier, secondo il quale le
specie, sin dalla loro comparsa, non avessero avuto alcuna modificazione. In contrappo-
sizione a questo pensiero cominciò a diffondersi l’ipotesi di Jean-Baptiste de Monet de
Lamarck, che nel suo “Philosophic zoologique”, difendeva un’altra corrente di idee, e più
precisamente fu il sostenitore principe di come l’essere umano si adattasse all’ambiente
mediante l’acquisizione di caratteri che riceveva in eredità.
Solo verso la metà del XIX secolo, con l’opera di Charles Darwin, propulsore della teoria
evoluzionista, l’evoluzione diventò conseguenza della selezione naturale, intesa come
conservazione delle variazioni favorevoli ed eliminazione delle variazioni sfavorevoli.
A suffragare questa nuova ipotesi furono le scoperte che si susseguirono fino agli inizi del
novecento, in cui furono ritrovati, resti fossili e una grande quantità di manufatti, tra cui
la più datata si verificò in Africa, dove fu rinvenuta la più antica specie di Homo, l’Home
habilis, datato circa 2 milioni di anni addietro, e breve termine seguirono i ritrovamenti
che vanno dall’Australopithecus anamensis all’Homo sapiens sapiens.
Nonostante tutti questi ritrovamenti ci sono ancora scienziati che non credono nella teo-
ria dell’evoluzione (il famoso “Anello mancante” della catena, che lega il quadrupede pe-
loso e dotato di coda all’uomo), perché queste teorie non riescono a spiegare come que-
sta sia potuta accadere, visto che nei successivi milioni di anni, non si è avuta nessun’altra
evoluzione in nessun’altra specie.
Voglio ricordare che la scienza non assurge a dogma né tanto meno pretende di dare
risposte a tutto, ma cerca di avvicinarsi quanto più possibile alla verità basando le sue
teorie sulle leggi immutabili che esistono in natura, e quello che manca a convalidare
l’ipotesi evoluzionistica è proprio la mancanza di una prova più convincente, il ritrova-
mento di fossili di una specie che potesse costituire l’anello di congiunzione o di transi-
zione tra le antiche scimmie e gli esseri umani moderni.
Le scoperte successive, quasi tutte effettuate nel XX secolo, hanno portato alla luce fossili
primitivi con caratteristiche umane, di vario tipo, dove si potevano notare crani perfetta-
mente mantenuti, non somiglianti a quelli delle scimmie, ma che al tempo stesso non
simili all’uomo moderno. Fra queste voglio citare quelle dell’uomo di Giava, dotato di un
cranio più piccolo rispetto all’uomo, ma più grande rispetto alle scimmie, in cui le ossa
frontali erano molto spesse per essere quelle di un uomo, e quindi più vicine a quelle di
una scimmia, e dell’uomo di Neandertal, dove una fronte proiettata in avanti e spesse
arcate sopraciliari, propendevano a confermare l’esatto contrario delle idee allora diffuse
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